Cuore e Vanitas nella vita di una poetessa del Rinascimento
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12 Settembre 2017Un bel giorno mi farò spiegare da Mauro Davoli come ha inventato una serie di “disegni”, che credevo fossero litografie a colori, che avevano come testimone un cranio, o le adorate Vanitas che sa far camminare sulla carta. Non si può credere che siano fotografie ma, tranquillamente e silenziosamente, delle opere d’arte. Le Vanitas, da Mauro portate per mano, come si fa con un adolescente, per andare a spasso sulla carta.
Così scrive lo scrittore e giornalista Giorgio Soavi in “Il cammino dei giorni”, AD, marzo 2017, a proposito delle Vanitas di Mauro Davoli, fotografo legato al mondo dell’architettura, del design e dell’arte, reporter di architetti come Aldo Rossi, Gae Aulenti, Paolo Zermani, Normann Foster, Martin Szekely e molti altri, oltre che collaboratore di riviste come “Domus”, “AD”, “Ottagono”, “FMR”, “Casa Vogue”, solo per citarne alcune; che ha esposto in mostre personali e collettive in Italia e negli USA ed è presente in importanti collezioni private e pubbliche. Le parole di Soavi sottolineano la grande abilità di Davoli nel far coincidere la fotografia con la pittura: non la imita, non si vuole sostituire, semplicemente diventa tale. Quattro sue opere d’arte, perché tali sono le sue immagini, fanno ora parte della mostra “Cuore e Vanitas” in corso in Galleria Baroni. Chi avrà modo di vederle, si accorgerà subito che la ricerca di Davoli è sulla bellezza, come racconta egli stesso:
Sono le ‘cose’ che mi interessano, o meglio, la bellezza delle cose, e la luce è un meraviglioso interprete che ci rivela questa bellezza
L’uso di una luce caravaggesca in una composizione impeccabile ed elegante, l’armonia delle forme, gli equilibri tra pieni e vuoti, la minuzia dei dettagli, il gioco dei volumi, la singolarità degli accostamenti, la ricercatezza degli oggetti, mettono in scena il “qui e ora” della Bellezza, rendendo eterno il caduco e violando ogni regola spazio-temporale come soltanto l’Arte può fare. Davoli trasfigura la realtà in arte, svelandone la dimensione metafisica, perfetta nel suo eterno presente. Stessa lettura ne dà Franco Maria Ricci nella presentazione al suo catalogo “Nature Vive”:
Direi che anche quando gli elementi rappresentati riconducono al tipo delle Vanitas (come teschi, libri, clessidre) non intendono darci avvertimenti sulla caducità del mondo ma solo ingannarci con una operazione di bravura creativa. Un po’ come accade quando un abile prestigiatore ci confonde.
Sempre delle Vanitas, così ne parla Marzio Dall’Acqua, presidente dell’Accademia Nazionale di Belle Arti di Parma, nella presentazione della mostra Theatrum Naturae, tenutasi alla Reggia di Colorno nel novembre 2009:
Le vanitas di Davoli si collegano ai quadri della prima fase del XVII secolo, alle opere dell’olandese P. Claesz e del francese J. Lenard, con il teschio posato su un piano, in un angolo di uno studio con pochi oggetti in un rapporto casuale, che in realtà corrispondono a un codice segreto o a un simbolismo criptico e cifrato che solo la lunga osservazione e riflessione riescono a sciogliere, dando alla loro presenza un senso.
Oltre alle Vanitas, Davoli ha realizzato la serie Mirabilia Naturae e Nature Vive, visibili nel suo sito www.mariodavoli.com.