AMART: amare l’arte
8 Maggio 2019“Mito”, una mostra dal taglio particolare
4 Luglio 2019Vista a una mostra mercato di antiquariato, notata per la qualità, acquistata con curiosità: ma di chi poteva essere la firma sul retro della testa in bronzo raffigurante un ragazzo ?
Ho sottoposto l’opera ad alcuni specialisti ma senza risultato. Ma non mi davo per vinto. Volevo capire a chi appartenesse la firma sul retro di questo bronzo. Alla fine sono riuscito a decifrare la calligrafia, riconoscendo la firma: R. Cassolo. Una bella soddisfazione!
La testa in bronzo è opera della scultrice Regina Cassolo e, tra l’altro, ho scoperto che il modello in gesso è custodito al Museo “Regina Cassolo”, sito nel Castello Sangiuliani, a Mede (Pavia). Le opere della raccolta sono state donate al Comune di Mede dal marito Luigi Bracchi, apprezzato pittore paesaggista. Vanno dagli Anni 20 agli Anni 60 e compongono una collezione di oltre 500 opere tra disegni, tempere, collages e sculture. Il gesso usato come modello del bronzo da me acquistato è patinato bronzo e la scheda relativa recita: “il giovane ritratto frontalmente, non è idealizzato, anzi Regina descrive le qualità fisiche e i difetti di quest’ultimo (si possono notare ad esempio le orecchie a sventola). Lo sguardo è fiero e fissa un punto immaginario davanti a se: sopracciglia arcuate, fronte aggrottata. La capigliatura è solo accennata. L’opera è databile attorno agli Anni 20 ed è una delle prime opere dell’artista, come si può capire dal tratto e dall’esecuzione prettamente accademica”. Personalmente non sono d’accordo con la definizione di opera accademica, benché si tratti di un’opera giovanile. A mio giudizio l’artista in quest’opera mostra l’influenza verista e, certo, una mano non ancora libera e personale come sarà in seguito, ma sicuramente degna di nota e ben oltre un esercizio accademico.
Regina Cassolo nasce a Mede Lomellina nel 1894, si diploma all’Accademia di Brera a Milano, città dove visse a lungo; soggiorna anche a Torino, frequentando l’Accademia e studiando con Giovanni Battista Alloati. L’artista ha avuto modo di attraversare le esperienze più significative dell’arte novecentesca, dimostrando una raffinata capacità di sintesi ed è considerata una delle più importanti scultrici del Novecento italiano. Del 1931 è la sua prima personale nella Galleria del Senato a Milano, con opere in alluminio che rimandano alla scultura bidimensionale cubista. Due anni dopo Luigi Fillia la invita a partecipare alla mostra “Omaggio a Boccioni” alla Galleria Pesaro. Regina entra così di diritto nel secondo Futurismo, nel 1934 è presente alla XIX Biennale di Venezia e nel 1935 alla II quadriennale di arte contemporanea di Roma. Ritiratasi durante gli anni della guerra, presenta la sua seconda, e ultima personale, a cura del marito. E’ l’epoca in cui si concentra sulla natura interpretata attraverso figure geometriche. Si unisce in seguito al MAC (Movimento Arte Concreta), fino allo scioglimento del gruppo avvenuto nel 1958. Negli anni successivi sperimenta tecniche e materiali nuovi, come la fiamma ossidrica e il plexiglass e, aderendo alla rivalutazione del futurismo, partecipa alla mostra “Nuovi materiali, nuove tecniche” a Caorle nel 1969. Morirà 5 anni dopo per le conseguenze dovute a una caduta nella sua casa di Milano. Dopo un periodo di oblio, Regina fu rivalorizzata da Carlo Belloli e Giovanni Scheiwiller e ne conseguì una seria di mostre tra la fine degli Anni 70 e gli Anni 90 a Modena, Valenza, Mantova e Sartirana Lomellina. Tra le sue opere più famose: L’Autoritratto degli Anni 20, La signora provinciale (1931), Sofà (1931 – 32), L’amante dell’aviatore (1935), Donne abissine (1939).
Sono contento di essermi imbattuto in un’opera di una delle poche rappresentanti femminili del Futurismo, corrente quasi esclusivamente maschile!
http://collezioni.museicivici.pavia.it/cast/sede/raccolta-museale-regina