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25 Febbraio 2021All’Umanitaria, l’arte del vetro
Una conversazione con Sergio Baroni sul Wall Street International
5 febbraio 2021, Giovanni Zaccherini
Istituzione storica ed esemplare della generosità ambrosiana, la Società Umanitaria nacque nel 1893 grazie ad un lascito testamentario di Prospero Moisè Loria, che intendeva promuovere un’associazione, non solo assistenziale, ma anche in grado di operare per “mettere i diseredati, senza distinzione, in condizione di rilevarsi da sé medesimi, procurando loro appoggio, lavoro ed istruzione”.
Insignita della “medaglia di benemerenza civica”, per chi a Milano ha a cuore il prossimo, fra le sue molteplici proposte presenta i corsi, diurni e serali, per il tempo libero “Humaniter”, con un’offerta che va dalla filosofia alle lingue, dalla ginnastica al teatro, dalla psicologia all’informatica, e che, nella versione “on line”, si amplia ad un pubblico, non solo milanese, ma nazionale.
Nell’ambito della sezione dedicata ad “Antiquariato e modernariato”, il prof. Sergio Baroni, studioso ed esperto della materia, ha proposto una serie di lezioni sull’arte e l’artigianato del vetro, di cui sintetizza la materia e il significato in questa conversazione.
Io personalmente, come Sergio Baroni, devo ringraziare l’Umanitaria di Milano per aver pensato di proporre nei suoi corsi aspetti dell’arte poco conosciuti e dimenticati, che è opportuno riproporre perché nel corso dei secoli sono stati importanti anche per il riconoscimento di immagini religiose, soprattutto bibliche, che altrimenti sarebbero state di difficilissima interpretazione.
Arte e artigianato del vetro
Il vetro, come manufatto artigianale, ha una storia lunghissima, viene prodotto in tutto il mondo ed è conosciuto da millenni, anche se, quando si parla di “vetri artistici” il pensiero va immediatamente a Venezia. La Serenissima, infatti, per parecchi secoli fra Medioevo e Rinascimento, è stata fra le città più ricche e potenti del mondo. In questa sede mi piacerebbe porre l’attenzione su di una forma d’arte vetraria particolare e poco conosciuta, ovvero quella dei dipinti sottovetro.
Cosa si intende per dipinto sottovetro
Si intende una tecnica per la quale il dipinto viene prodotto su una lastra di vetro. La particolarità interessante è che l’artista, che dipinge su vetro, deve eseguire la figura al contrario, sotto il vetro stesso, come se si trattasse di un negativo. Chi osservava il quadro, anche se delicato, poteva anche toccarlo, al contrario di un dipinto su tela o su vetro stesso. Questa forma di pittura viene prodotta in tutta Europa a partire dal XV secolo fino al XIX secolo. Occorre precisare che i grandi artisti non si sono mai cimentati nell’esecuzione di dipinti sottovetro, che erano invece prodotti da artigiani o dalle stesse botteghe dei grandi artisti. I dipinti sottovetro prima della Rivoluzione Francese, che laicizzò la società e l’arte, raffiguravano scene di ambito religioso del Vecchio e del Nuovo Testamento. Avevano anche una funzione didascalica poiché la maggior parte delle persone erano analfabete, difatti le vetrate delle chiese sono anche dette “la Bibbia dei poveri”.
La pittura sottovetro si diffuse molto anche fra i privati per i costi molto contenuti, rispetto a quelli delle tele. Ai nostri giorni, invece, la memoria di questa forma d’arte è andata completamente perduta, tanto che la distinzione stessa fra dipinti sottovetro e sopravetro è ai più sconosciuta. Con la Rivoluzione Francese, invece, le immagini che gli artisti sono chiamati a rappresentare sono laiche e anche la pittura sottovetro si adegua a questo cambiamento. Quindi troviamo rappresentazioni di scene che ritraggono vari ambiti, dalla classicità alle opere letterarie contemporanee. Ricordo, ad esempio, una piacevolissima rappresentazione sottovetro de Le Baruffe Chiozzotte di Goldoni. I dipinti sottovetro, solitamente di piccole dimensioni, potevano essere pensati ed utilizzati anche come elementi di decorazione per arredi quali gli stipi. Erano questi dei mobili di pregevole fattura, con molti cassettini in cui le famiglie agiate custodivano gli oggetti di valore sia monetario che affettivo, e gli stessi stipi erano decorati con vari materiali: marmi, madreperle oppure con dipinti sottovetro.
Vorrei sottolineare che questa forma d’arte, pur minore, è presente nei musei di tutto il mondo. In Lombardia, ad esempio, sul lago di Como a Lavedo, la stupenda Villa Balbianello, fra le altre cose, custodisce una preziosa collezione di dipinti sottovetro appartenuta al grande collezionista Guido Monzino che, nel 1988, lasciò in eredità con Villa Balbianello al Fai.
Le principali tipologie
Oltre ai dipinti sottovetro, le principali tipologie di raffigurazioni su vetro sono: il dipinto su vetro, il dipinto fixés sous verre, le grandi vetrate di chiese, palazzi o quelle commemorative e la potichomania.
Ritroviamo il dipinto su vetro in diversi oggetti. Ad esempio, sulle bottiglie che, dovendo contenere un liquido, ovviamente non potevano essere dipinte all’interno, come le famose bottiglie contenenti la manna di San Nicola, di cui il museo più ricco di esempi è il Nicolaiano di Bari.
I dipinti fixés sous verre sono delle miniature a olio su seta applicato su vetro. Generalmente è un vetro curvato con una cornice nera e questa tecnica che porta un nome francese, fa sì che una volta incollata la seta su vetro i materiali diventano un unico elemento. Molti artisti italiani, francesi, tedeschi, hanno prodotto così vari tipi di immagini: paesaggi, interni di chiese, di palazzi e immagini sacre. Ad esempio, l’alessandrino Giovanni Migliara (1785-1837) eseguì moltissimi piccoli dipinti di decorazione con questa tecnica.
Per quanto riguarda le grandi vetrate delle chiese o di palazzi o commemorative, limitandoci agli esempi milanesi, possiamo ricordare le vetrate del Duomo di Milano, quelle del Museo Poldi Pezzoli, realizzate da Giovan Battista Bertini (Milano 1799-1849) e dal figlio Giuseppe (Milano 1825-1898). Gli esempi più significativi sono lo studiolo del Museo Poldi Pezzoli con la vetrata Il trionfo di Dante, dedicata all’Alighieri e la Vetrata dantesca della Biblioteca Ambrosiana. Le due opere anticipano il mito di Dante come poeta unificatore dell’identità italiana.
La potichomania (o potichimania) deriva dalla moda delle cineserie, che si sviluppa in tutta Europa, oltre che negli stati italiani, già a partire dal Seicento, ma si sviluppa soprattutto nel Settecento. Gli oggetti in porcellana, ovvero le potiches, vengono riprodotti in vetro perché a livello decorativo sono molto belli. Erano prodotti dalle vetrerie veneziane, piemontesi, ma anche francesi, tedesche ed inglesi. Generalmente si trattava di coppie di potiches o vasi a flûte realizzati in vetro all’interno delle quali venivano applicate immagini orientali. L’intera superficie interna veniva colorata e l’effetto finale era quello di un oggetto di decorazione orientale, anche se il costo di produzione era molto più basso rispetto a quelle originarie orientali.
Tappe fondamentali dell’arte vetraria
L’arte vetraria ha avuto varie e notevoli evoluzioni nel corso dei millenni. Il vetro ha avuto così tanti e vari utilizzi che anche l’architettura non ne ha potuto fare a meno, tanto che, nell’ultimo secolo, abbiamo assistito addirittura alla costruzione di interi grattacieli di vetro. Ovviamente continuano forme d’arte prettamente in vetro, proposte da alcuni artisti fra cui il più noto degli italiani è Michelangelo Pistoletto, autore dei “quadri specchianti”.
Una visita guidata alla scoperta dell’arte del vetro a Milano
A Milano vi sono diversi esempi, di cui ovviamente il più famoso è quello delle vetrate del Duomo. Ma vi sono altre chiese con vetrati importanti, come quella di Sant’Ambrogio. Inoltre, fra i vari musei del Castello Sforzesco, ve n’è uno dedicato al vetro, con una sezione molto interessante di opere del Novecento. Troviamo autori importanti come Roberto Sambonet, Andrea Cascella e Laura Panno.