All’origine della mostra su Dante

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Giorgio Vasari, “Sei poeti illustri”

Perché una mostra su Dante? Innanzitutto ho sentito come doveroso l’omaggio a una delle figure più grandi della cultura italiana; ma non avrei potuto dedicarle un’esposizione se non ci fosse stata un’opera importante e densa di significato come il dipinto raffigurante sei uomini illustri in cui l’Alighieri è il protagonista. E’ infatti quest’opera l’origine della mostra in corso alla Galleria Baroni. Si tratta di un olio su tela ispirato all’olio su tavola di Giorgio Vasari (1511 – 1574) dal titolo “Sei poeti toscani illustri”. L’originale, da cui quello che potete vedere in mostra ha preso spunto, raffigura una grande scena di conversazione commissionata al Vasari da Luca Martini (1507 – 1561), nipote del celebre umanista Poggio Bracciolini e grande estimatore di Dante. L’opera fu terminata nel 1544. Dopo una lunga storia di passaggi, è oggi conservata al Minneapolis Institute of Arts. Il protagonista indiscusso di quest’opera, così come di quella in mostra, è Dante Alighieri (1285 – 1321) che, seduto in primo piano al centro della scena, domina lo spazio. Il formato delle due opere è simile, di cm 132 x 131, ma la seconda è stata eseguita presumibilmente tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII, una cinquantina di anni dopo quella di Vasari. Nell’originale si vedono, da sinistra a destra: l’umanista e filosofo Cristoforo Landino (1424 – 1498) e il filosofo e astronomo Marsilio Ficino (1433 – 1499). Il primo è l’autore del fortunato commento alla Commedia (1481), la cui prefazione è scritta dal secondo, traduttore tra l’altro del Monarchia di Dante. Segue Francesco Petrarca (1304 – 1374), anch’egli in primo piano, che si rivolge a Dante, mentre fra i due spunta la testa di Giovanni Boccaccio (1313 – 1375). Tutti e tre i grandi poeti hanno la testa ornata con l’alloro. L’ultimo personaggio a destra, al quale si rivolge Dante mostrandogli la Vita Nova, è Guido Cavalcanti (1255 – 1300). Diversa la sequenza dei personaggi nel quadro in galleria, in cui tra l’altro sono state effettuate alcune sostituzioni. Sempre da sinistra a destra, si vedono: Cavalcanti, Guido d’Arezzo (991 – 1033), Petrarca, Cino del Duca, Dante e Boccaccio. A scanso di equivoci, sopra ogni figura è stato dipinto un cartiglio recante il nome. Il dipinto non vuole pertanto essere una copia del Vasari, dal quale si distingue anche per altri particolari, come il taglio della scena, così che della sedia che ospita Dante si intravvede soltanto il bracciolo e quasi nulla degli oggetti sul tavolo, che sono invece dettagliatamente dipinti nell’opera vasariana.

Il tema, o uno dei temi, che emerge da questo dipinto è la raffigurazione dei rappresentanti del Dolce Stil Novo, che al centro della loro produzione letteraria mettono la donna. Ed è la donna, come simbolo del femminile, che percorre a mio parere la ricerca dantesca nella Commedia. Si tratta di una ricerca che rientra nell’interpretazione simbolica e psicologica del libro che mi ha ispirato il taglio dell’esposizione: “Alla ricerca di Beatrice” di Adriana Mazzarella. La mostra infatti, oltre a essere un omaggio a Dante, è un omaggio alla psicanalista junghiana di recente scomparsa, che nel suo affascinante libro ripercorre il viaggio dantesco come processo di ricerca interiore, un viaggio che porta l’uomo a una rinascita come ricongiungimento tra animus e anima, o unione tra l’Io e il Sé universale (adrianamazzarella.it).

Sergio Baroni